Virtual tour, sono davvero il futuro?

Maggio è arrivato, e con lui la tanto discussa “fase 2” primo passo verso quel progressivo ritorno alla normalità che un po’ tutti aspettiamo. Settimane difficili per il paese, e non solo sul piano sanitario. Scuole, Musei e Parchi archeologici chiusi da settimane con la necessità di riorganizzare velocemente le fila, con il MIBACT in prima fila a dare il proprio contributo.

Ma cos’è accaduto in questi mesi nell’ambito del digitale applicato ai Beni Culturali? E come ha risposto il grande pubblico al tormentone “Virtual Tour”?

Osservare i dati può aiutarci a comprendere il fenomeno del virtuale applicato ai beni culturali (che spesso di virtuale ha ben poco), un fenomeno descritto da molti come entusiasmante e attrattivo, ma è davvero così?

Il Gran Virtual Tour e il Netflix della cultura

Il 18 aprile su Rai3, nella trasmissione “Aspettando le Parole” di Massimo Gramellini, il ministro Franceschini ha dichiarato “Stiamo ragionando sulla creazione di una piattaforma italiana che consenta di offrire a tutto il mondo la cultura italiana a pagamento, una sorta di Netflix della cultura, che può servire in questa fase di emergenza per offrire i contenuti culturali con un’altra modalità, ma sono convinto che l’offerta online continuerà anche dopo”

Queste dichiarazioni arrivavano dopo una serie di iniziative promosse dal MIBACT, nel quale si dava grande spazio al digitale, campagne social, flash mob e su tutti il progetto Gran Virtual Tour, lanciato domenica 05 aprile.

Una serie di contenuti digitali, prodotti per lo più nell’ambito della pluriennale collaborazione con Google Arts & Culture, foto 360°, progetti indipendenti, video, tutti aggregati sul sito del ministero, consultabili gratuitamente, per vivere un’esperienza di fruizione nuova, entusiasmante (almeno nella promessa).

Ma come ha reagito il pubblico?

Virtual tour, cosa ne pensano gli utenti

Una recente indagine dal titolo Ritorno al Museo analisi sull’attitudine al consumo culturale dopo il lockdown condotta tra il 10 e il 17 aprile da soluzionimuseali.com fa emergere una prima considerazione. Secondo il campione intervistato la fruizione online dei contenuti museali non è così diffusa in questo periodo, nonostante quanto riportato da numerosi articoli che ne attestano la crescita della presenza nei social e nelle ricerche online.

In particolare, una percentuale rilevante tra gli intervistati dichiara di aver fruito dei contenuti virtuali in ambito museale durante il lockdown solo qualche volta o raramente, con un giudizio sulla qualità generale dell’offerta ritenuto appena sufficiente.

Musei e visite virtuali, trends e ricerche sul web

Google trends ci offre ulteriori dati per valutare l’effettivo coinvolgimento del pubblico, partendo dall’andamento delle ricerche sul web.

I grafici estrapolati ci danno una visione di insieme sulla popolarità di tre distinte chiavi di ricerca, nei 90 giorni che vanno dal 11 febbraio (pre lock down) all’11 maggio (fase 2).

Nel merito abbiamo analizzato l’andamento delle tre chiavi di ricerca “visita virtuale”, “tour virtuale musei” e “gran virtual tour”.

In tutti i casi osserviamo una prima importante variazione positiva nelle ricerche di settore a ridosso del 15 di marzo (di fatto in concomitanza con l’attuazione di provvedimenti maggiormente restrittivi su ampia scala) una fase successiva caratterizzata da una progressiva diminuzione dell’interesse, un secondo picco molto circostanziato nel tempo riconducibile al lancio dell’iniziativa Gran Virtual Tour, datato 05 aprile.

grafico trend ricerche visite virtuali

grafico trend ricerche tour virtuali musei

grafico trend ricerche virtual tour

Analizzando l’insieme dei dati possiamo osservare l’andamento delle tre chiavi di ricerca nel tempo, comparandoli graficamente in termini di ricerche effettuate dagli utenti.

grafico comparazione trend di ricerche tour virtuali

Il lancio dell’iniziativa “Gran Virtual Tour” datata 5 aprile sembrerebbe dunque aver ottenuto risultati pressoché irrilevanti in termini di aumento delle ricerche sul web legate al tema delle visite virtuali. Un dato netto, che ovviamente non tiene conto delle interazioni sui social, utilizzati in modo massivo per dare risalto al progetto.

Digitale e beni culturali, una sfida per il paese

Come già sostenuto in un altro articolo, il digitale è una risorsa preziosa per i beni culturali, in questo momento più che mai, ma per rendere efficace l’azione è necessario agire in modo strutturato e con consapevolezza.

Da quello che osserviamo possiamo trarre una prima conclusione, sembra che gli utenti abbiano reagito allo stimolo più per mancanza di altre alternative che per qualità dei contenuti, talvolta eccessivamente dispersivi e non sempre di facile fruizione, in alcuni casi non ottimizzati per dispositivi mobile.

Le realtà museali strutturate e alcuni tra i più importanti siti archeologici hanno prodotto molti contenuti (forse troppi) condividendoli con il pubblico attraverso i propri canali social, privilegiando quindi l’interazione day by day a discapito di logiche di posizionamento dei contenuti sul web. Strategia interessante se vista in termini di intrattenimento, meno efficace se vista nella prospettiva di creare contenuti e contenitori digitali a valore.

Questo a discapito di molti musei e siti archeologici (per così dire minori) che ancora oggi, in molti casi non dispongono di un sito web, di canali social né tanto meno di competenze spendibili per la creazione di contenuti virtuali.

La cultura, come molti altri settori, si trova davanti ad un bivio, da un lato il sistema tradizionale d’offerta, dall’altro un modo tutto nuovo per valorizzare il nostro patrimonio.

Un “Netflix della cultura”? Perché no. Non dimentichiamoci però di tutto il resto!

Perché il web e i social sono certamente un’opportunità, possono essere un valore aggiunto, ma questo ha senso solo se riusciremo a mettere tutti nella condizione di sviluppare contenuti di qualità, lavorando sulle competenze e sugli strumenti digitali a disposizione e in questo senso c’è ancora tanto lavoro da fare.

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